Ricordo ancora gli spot prima della pubblicità online. Ricordo ancora Carosello. Personaggi come la Linea di Ernesto Cavandoli, Calimero, Carmencita e Caballero mi facevano compagnia da bambina prima dell’ora della nanna. Al tempo non lo sapevo, ma ogni sketch o breve cartone animato aveva regole ferree che stabilivano per esempio il numero di citazioni del prodotto e quello di secondi da dedicare allo “spettacolo”. A partire dalla fine degli anni Settanta, con il tramonto di Carosello e l’arrivo della tv commerciale, rimane la separazione tra contenuti editoriali e pubblicità: nella tv tradizionale per un bambino, allora come oggi, era più facile distinguere il programma dallo spot.
L’arrivo di Internet ha rimescolato le carte. L’ho sperimentato in prima persona con mio figlio, che mi chiedeva in regalo prodotti visti online. In rete, la linea di demarcazione tra messaggi promozionali e contenuti diventa però più sfumata. Oltre ai banner e alla pubblicità profilata, cioè personalizzata in base alle preferenze e alle caratteristiche dell’utente, online i minori rischiano di essere costantemente esposti a operazioni di marketing che si travestono da contenuti.
Ma come funziona la pubblicità online?
Quando, per esempio, lo youtuber preferito da vostro figlio o vostra figlia mostra in video il suo nuovo paio di sneakers esaltandone le caratteristiche, può darsi che lo faccia perché ha un accordo commerciale con l’azienda che le produce. Benché i creators siano tenuti a segnalare i contenuti pubblicitari con l’hashtag #adv, nella maggior parte dei casi questo non viene notato dai bambini.
Lo stesso accade con i contenuti testuali nei blog o nei post d’immagine su Instagram: solo un pubblico attento e smaliziato nota l’hashtag o la frase finale che rivela la collaborazione con il brand.
Che ci piaccia o no, in una società dei consumi i minori sono costantemente esposti alla pubblicità online o offline. Anzi, sempre più spesso sono loro il target privilegiato su cui fanno leva le aziende per influenzare gli acquisti familiari. Per questo, come genitori dobbiamo educare i nostri figli e le nostre figlie a diventare consumatori consapevoli, responsabili e quindi meno influenzabili.
Come proteggere allora i bambini e le bambine, che sono particolarmente vulnerabili, dall’invadenza del marketing?
Riconoscere la pubblicità online
- CONOSCENZA: è bene che i e le giovani utenti conoscano le logiche commerciali su cui si basano i social, le piattaforme di condivisione di contenuti e la rete in generale. Non bisogna soffocare il loro entusiasmo verso internet, che rappresenta comunque un’invenzione meravigliosa, capace di ampliare le possibilità di comunicazione e di accesso al sapere. È bene però che ne conoscano anche le dinamiche economiche, per adottare una navigazione più consapevole. Devono comprendere il significato della massima “se il prodotto è gratis allora il prodotto sei tu”. Si tratta di una frase cinica, che li porterà però a riconoscere le insidie del Paese dei Balocchi.
- SPIRITO CRITICO: Bambini e bambine devono comprendere come funziona il lavoro degli influencer, come i tiktoker o gli youtuber di cui sono fan. Per farlo, occorre stimolarli a porsi delle domande. Il papà e la mamma fanno l’avvocato, l’operaio, il negoziante e vengono pagati dai loro clienti o dall’azienda per cui lavorano. Dato che i Me contro Te e LaSabri sono youtuber di professione, come guadagnano? Chi li paga? Cosa c’è oltre i banner pubblicitari? Mi starà parlando di questo zainetto perché lo trova davvero comodo o perché l’azienda che lo produce gli/le ha chiesto di fare pubblicità? Sapersi porre le domande giuste permette di sviluppare maggiore consapevolezza rispetto ai contenuti consumati.
- REGOLE: Bambini e bambine devono conoscere le regole che governano la rete. Anche quelle che gli inserzionisti sono tenuti a rispettare, a tutela del consumatore. È importante per esempio che conoscano gli elementi grafici o testuali che contraddistinguono la pubblicità, per identificarla più facilmente.
- DIALOGO: Guardare i video online o navigare insieme ai vostri figli e alle vostre figlie, confrontandosi su ciò che si sta vedendo, li aiuta a riflettere sui contenuti che consumano. Chiedete cosa ha attirato la loro attenzione, svelate loro qualche trucco pubblicitario, come il fatto che i piatti fotografati o ripresi in video non sono commestibili, parlate dei loro beniamini e chiedetegli se sono mai stati testimonial di qualche prodotto.
Insieme farete un percorso alla scoperta di una dimensione del digitale spesso sottovalutata dalle famiglie, quella della pubblicità online, e aiuterete i vostri figli e le vostre figlie a crescere come cittadini capaci di identificare i messaggi ingannevoli e di adottare un atteggiamento critico nei confronti della pubblicità.
Cosa fare?
In un mondo in cui la pubblicità online assume sempre più sfumature e strategie subdole per raggiungere il suo target, è fondamentale armare bambini e bambine con le conoscenze e le capacità necessarie per navigare in modo consapevole questo mare di informazioni. Educare alla consapevolezza significa non solo insegnare loro a usare internet e i dispositivi in sicurezza, ma anche e forse soprattutto a sviluppare uno spirito critico. Attraverso il dialogo aperto e la condivisione di esperienze online, possiamo accompagnare i nostri figli e le nostre figlie in un viaggio di scoperta e apprendimento, trasformando la navigazione in rete in un’opportunità per diventare cittadini consapevoli e resilienti.